Stress da lokdown

Il Trentino 3 maggio 2020

 Stress da lockdown e rischio per la tenuta sociale.

Dott.Marco Videsott Psicoanalista

 Ancora oggi nelle nuove ipotesi di allentamento delle limitazioni si percepisce una sottovalutazione del rischio di stress da lockdown. Mentre il tempo passa, sta diventando una realtà in crescita.

Paradossalmente può succedere che per salvarci dal contagio del coronavirus, in attesa dei contatti zero, le persone si trovino maggiormente esposte a patologie psicologiche.

Finora se ne è parlato poco, questo problema è rimasto sullo sfondo di tutto quello che si fa e si dice, ma la diffusione dello stress non va sottovalutata.

Un prolungamento eccessivo del confinamento, esporrebbe le fasce di popolazione coinvolte a sviluppare patologie ansiogene bisognose a loro volta di essere curate.

Solo ora qualcuno al margine governativo si sta ponendo la domanda e avrebbe suggerito di sottoporre un campione di cittadini a un test psicologico per verificare quanto tempo ancora siano in grado di sopportare il lockdown. Uno strumento che potrebbe servire a modulare le scelte, soprattutto per garantire quella tenuta sociale che ha finora retto, ma che dopo quasi due mesi rischia di vanificare la salute complessiva della popolazione.

A ben guardare non serve rinviare il problema all’esito di qualche test e proprio questo modo di procedere dimostra quanto la questione venga ancora sottovalutata. Infatti già ora ci sono molti segnali che indicano quanto sia un problema presente. Il riferimento è ai comportamenti delle persone per le quali la componente ansiogena diventa predominante. Tra i sintomi basta considerare la richiesta e l’uso di tranquillanti, l’insonnia, la depressione, l’irritabilità, i comportamenti ossessivi, e quelli di evitamento della realtà con la conseguente sottovalutazione del rischio.

Troppo poche persone riescono a cogliere gli aspetti concreti della realtà personale e relazionarsi con le proprie risorse accettando i limiti. Tanti altri si sentono impotenti, soverchiati dal problema e subiscono passivamente sviluppando stati depressivi. Altri ancora tentano di negare la realtà e per liberarsi dall’ansia scaricano tutto su un possibile nemico esterno descritto con interpretazioni non sempre oggettive o reali, per esempio altre nazioni, o altre etnie, o potenze incontrollabili, proprio come in altri tempi con la stessa funzione, si parlava del diavolo.

Oggi stiamo vivendo in una situazione dove il pericolo di contagiarsi è reale e questo, esattamente come qualsiasi stato di incertezza, genera ansia. Ciò che fa differenza è la durata del tempo di isolamento che si deve subire. Se è relativamente breve, quando il pericolo si esaurisce cessa anche l’ansia, ma se diventa soggettivamente lungo l’ansia si trasforma in stress. Basta vedere come i primi giorni di confinamento siano stati vissuti con leggerezza, quasi una vacanza tanto che si è suonato e cantato dai balconi, poi via via la reazione è cambiata e generalmente le persone si sono chiuse in sé stesse.

Alla base dello stress psichico c’è la limitazione della libertà di movimento e dei rapporti sociali e dunque dei due elementi che sono tra gli stabilizzatori dello stato di benessere fisico e psichico.

Oggi in particolare i bambini, i giovani e gli anziani, che per la loro realtà intrinseca non possono usufruire delle opportunità del mondo lavorativo, si trovano socialmente isolati. Per i giovani in età scolare questa è la fase nella quale sviluppano e confermano la loro identità psichica di cui una parte fondamentale è basata sulle relazioni con i coetanei. Per gli anziani il bisogno di stabilità psicologica individuale cerca risposte nei contatti affettivi e sociali, ma anche nelle ritualità costituite dagli spostamenti quotidiani.

Mentre è ben noto quanto sia importante il movimento per la salute fisica, al contrario sembra sempre che venga dimenticato che l’essere umano è per sua natura e nascita, un essere sociale e proprio per questo le relazioni interpersonali sono un bisogno fondamentale. Da questo punto di vista è come se dai primi di marzo ad oggi fossimo vissuti in apnea e che ora la capacità di continuare a sopportare le limitazioni sociali stia esaurendosi.

Stabilito che il fattore principale di contagio è la vicinanza tra le persone, consentire la mobilità e la ripresa dei rapporti sebbene nel rispetto delle regole opportune, può essere la migliore prevenzione dei disturbi e delle patologie psicologiche.