Il suicidio come atto di aggressività

Giornale L’Adige Lunedì 30 marzo 2015

Il suicidio come atto di aggressività

Dott.Marco Videsott Psicoanalista

Il suicidio è l’ultimo atto di una persona tormentata che vive una profonda incapacità a reagire, per modificare la propria condizione e che ha perso ogni speranza di riacquistare le proprie capacità.

Questo stato psichico nella maggior parte dei casi, deriva da una sindrome depressiva che non è stata affrontata correttamente.

La depressione rappresenta un entità clinica particolarmente invalidante, tanto da compromettere significativamente diversi ambiti della vita dell’individuo. Agli occhi di chi la prova si presenta come uno stato cronico e difficilmente scalfibile.

Secondo gli studi clinici la depressione è probabilmente uno dei motivi che spinge un numero significativo di persone al suicidio.

La fiducia di base, l'autostima e la capacità di provare speranza, che forniscono senso e valore all'esistenza, sono gravemente compromessi.

Esiste anche un impoverimento dei contenuti mentali e spesso la persona ripropone più volte gli stessi temi dolorosi. Tende inoltre a sentirsi responsabile dei propri disturbi e della loro persistenza. Può avere preoccupazioni sociali o economiche, ipocondriache e di inguaribilità, pensieri di autoaccusa e di morte.

In molti casi sono presenti desiderio di morire e progettazione del suicidio. Nei più gravi questo viene vissuto come l'unica possibile liberazione dalla sofferenza, come espiazione delle colpe o come conseguenza della convinzione che non sia possibile essere aiutati.

Tuttavia la profonda incapacità a reagire tende a stabilire una condizione generale di impotenza che diventa cronica e la maggior parte non è in grado di mettere in atto nessuna azione, nemmeno il suicidio. Subiscono passivamente i trattamenti farmacologici, mentre spesso rifiutano una psicoterapia proprio in quanto con essa devono mobilitare le proprie risorse.

Molti si suicidano perché hanno perso ogni contatto con la realtà e per loro nulla ha più senso, come se fossero in una bolla nella quale non entra e non esce nulla, non passa nessuno stimolo, ogni aspetto affettivo è esaurito e le parole arrivano da distanze siderali passando senza nemmeno sfiorarli.

Per altri invece il suicidio è l’ultimo, tragico modo di punire le persone che gli stanno intorno.

Per tanto tempo hanno vissuto una condizione di impotenza e di incapacità a modificare gli aspetti della propria vita. Non hanno quasi mai reagito e hanno sempre subito in silenzio richiudendosi sempre di più in sé stessi. Si sentono inutili e insignificanti. Togliersi la vita è l’unico modo per colpire le persone che nel loro intimo ritengono responsabili del fallimento dell’esistenza. Pensano che in questo modo essi porteranno per sempre la colpa di questa morte.

Sicuramente ora verranno alla luce molti aspetti e sintomi psichici prima trascurati della vita del pilota della Lufthansa, ma non vi è dubbio che portare alla morte con sé molte altre persone sia un modo di addossarne le responsabilità a tutti coloro che in qualche modo possono aver avuto a che fare con il suo disagio psicologico.