Conseguenze del coronavirus

Giornale L’Adige mercoledì 22 aprile 2020

Conseguenze psicologiche del coronavirus

Dott. Marco Videsott   Psicoanalista

 Si fa un gran parlare del contagio da coronavirus, di come evitarlo e di come proteggersi nel futuro. Si fa anche un gran parlare del problema economico, del lavoro e del reddito delle persone.

Ci sono tante opinioni, anche di esperti in ogni settore, ciascuno con le sue proposte, ma purtroppo spesso divergenti. Siamo giornalmente subissati di previsioni e di ipotesi sulla fine delle limitazioni, sul quando e sul chi, con date che vanno da maggio fino al 2021, formulate a seconda delle cause e dei fattori che vengono presi in considerazione. Ogni idea ha sicuramente le sue ragioni motivate, ma c’è un ambito che finora non è stato considerato con la dovuta attenzione ed è quello della salute psichica, che non è certo il più immediato, ma che non va sottovalutato, come sta purtroppo avvenendo.

Una prolungata condizione di chiusura in casa comporta potenzialmente un rischio elevato di sviluppare patologie depressive e ansiose, ma può generare anche problemi psicologici relativamente gravi di lungo periodo, principalmente a causa dell’interruzione dei rapporti psico-sociali.

Oggi avviene una cosa assolutamente paradossale, proprio le due categorie che si vorrebbe proteggere maggiormente sono quelle che dalle decisioni subirebbero i maggiori danni psichici, cioè da una parte i bambini e i giovani in genere e dall’altra parte gli anziani.

Per proteggerli da un possibile contagio con il virus, li esponiamo a serie conseguenze psicologiche.

In questo momento tutti, di qualsiasi età, ci ritrovano in una condizione più vicina alle patologie depressive e ansiogene con tutte le conseguenze connesse, dalla menomazione delle proprie capacità di reagire, ai costi sociali ed economici conseguenti a questo invalidamento.

Ma non basta, perché per la categoria di tutti i giovani in età scolare si deve tener conto che questa è la fase in cui sviluppano e confermano la loro identità psichica di cui una parte fondamentale si basa sulle relazioni con i coetanei. In questa età si apprendono i valori e le regole della socialità e con essi si inizia a confrontarsi con i limiti della propria autoreferenzialità che come ben si sa caratterizza tipicamente le problematiche dell’adolescenza.

Con la chiusura delle scuole il problema non sono le nozioni che si possono imparare in una classe scolastica oppure con l’apprendimento a distanza, ma il bisogno fondamentale di relazione con i coetanei che invece viene a mancare.

Con l’isolamento anche la categoria degli anziani, subisce una maggiore esposizione a rischi di conseguenze psicologiche. Avendo lasciato posizioni lavorative dove la vicinanza agli altri è strutturale, il loro bisogno di socialità e di sicurezza psicologica individuale diventa ancora più forte. Nella vita normale la risposta viene ottenuta proprio attraverso la mobilità, nella realizzazione di quei contatti di cui si sente il bisogno, ma anche nelle ritualità costituite dagli spostamenti quotidiani.

Questa categoria è già esposta più di tutte le altre alle patologie della depressione e dell’ansia e un eventuale obbligo di prolungamento della condizione di isolamento, da far valere solo per loro, può generare maggiori rischi per la salute psicologica.

Al giorno d’oggi è assodato che i fattori fondamentali per la salute fisica e psichica di tutti, in particolare per giovani e anziani e in definitiva per tutta la nostra società, sono il movimento fisico e le relazioni sociali.

Se qualcuno non considera con la dovuta attenzione l’impatto psicologico del prolungamento dell’isolamento di un mese e forse di qualche altro, sta sottovalutando l’incidenza sulla salute mentale. Lo dimostra l’aumento delle richieste di aiuto, che significa che il problema è già in atto.

La situazione è difficile e ovviamente va trovato il giusto equilibrio tra i vari problemi, ma fra questi si deve considerare anche l’urgenza delle conseguenze psicologiche che di per sé sono particolarmente insidiose.